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    Beaumont sur Mer 28 gen 2017

    ausp

    Potrebbe essere utile ricordare alcune nozioni del vivere in collettività a partire dai tempi che furono. La democrazia nella Grecia antica  e la democrazia moderna sono diversissime rispetto al problema della libertà politica. La libertà del cittadino della polis (città-stato) consisteva nella sua frazione di sovranità.  Vale a dire che la sua libertà non era concepita come uno stato di sicurezza e di indipendenza individuale, come uno ‘spazio privato’ all’interno del quale ciascun individuo era protetto dai suoi ‘diritti personali’. L’individuo come tale era assorbito nel corpo collettivo, il polítes era chiamato ad esistere per la polis (mentre noi affermiamo l’opposto, che è lo Stato che esiste per servire i cittadini). Con questo non si vuol dire che i greci chiamassero libertà ciò che noi consideriamo oppressione. La loro libertà era interamente subordinata all’esistenza di una piccola comunità politica diffusa (in nessun modo equiparabile allo Stato nel senso contemporaneo del termine), tanto piccola da consentire che la libertà del singolo potesse essere affidata alla sua frazione di esercizio della sovranità. “La nostra costituzione – diceva Pericle – non calca l’orma di leggi straniere. Noi piuttosto siamo d’esempio agli altri senza imitarli. Il suo nome è democrazia, perché affidiamo la Città non ad un’oligarchia, ma ad una più vasta cerchia di cittadini; ma in realtà le sue leggi danno a tutti indistintamente i medesimi diritti nella vita privata; e per quanto riguarda gli onori ognuno viene prescelto secondo la fama che gode, non per l’appartenenza all’uno o all’altro partito a preferenza del valore….. Sicché la Città nostra è ammirevole sotto questo come ancora sotto altri aspetti. L’amore del bello non ci insegna lo sfarzo, né la cultura ci infiacchisce. La ricchezza è per noi uno stimolo di attività, non motivo di superbia loquace. ….E quando la sete di denaro e di potere prevalgono sull’etica, quando l’avidità divora l’uomo al potere e non esistono più princìpi morali su cui fare riferimento, ogni mezzo è lecito per riuscire a placarla”. Anche la corruzione. Specialmente la corruzione.  La capacità di lottare per la propria realizzazione è ciò che i Greci chiamavano areté: parlare di virtù voleva dire parlare di ciò che rende la vita umana degna di essere vissuta, ricca di significato ed esempio per gli altri. Significava anche individuare alcune peculiari abilità, come quella di sapersi decidere e di saper governare se stessi. Tra coloro che hanno cercato di specificarne ulteriormente i contenuti vi sono poeti, letterati e infine filosofi. A questi ultimi si devono i maggiori approfondimenti, tanto che nel cercare che cosa sia la virtù e nello sforzarsi di praticarla essi hanno dato vita ad una nuova branca del sapere, l’etica. Richiedeva conoscenza e un carattere forte, che non si lasciava abbattere dalle sventure e affrontava le malefatte di pochi ai danni dei più, è ciò che contraddistingueva l’uomo virtuoso, eccellente. Ma non bastava e non basta sicuramente oggi. E’ necessario avere una esatta visione delle cose per fare la mossa vincente. Questa esatta comprensione della realtà e come modificarla a beneficio della maggioranza dei cittadini, è il compito proprio della ragione. Forse è giunto il momento, per loro ricchi: di piangere e gridare per le sciagure che hanno provocato ai cittadini nei secoli! Le loro ricchezze sono imputridite, le loro vesti dovranno essere divorate dalle tarme; i loro ori ed argenti dovranno essere consumati da una qualsiasi forma di ruggine, che dovrà levarsi a testimonianza contro di loro per poi divorarne le carni con il fuoco. Hanno accumulato tesori!  Hanno ingannato, sfruttato e defraudato semplici cittadini. Hanno gozzovigliato sulla terra e saziati di piaceri, si sono ingrassati, probabilmente, per il giorno della loro miserabile fine.

    Gigino A Pellegrini & G el Tarik

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