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  • SHADOWS – OMBRE

    Beaumont sur Mer 13 dic. 2015

    shadows

    Tutto ciò che ci irrita negli altri, dovrebbe insegnarci a capire noi stessi. Siamo tutti maestri nell’uso della proiezione, un meccanismo di autodifesa che ci toglie dall’imbarazzo di doverci guardare dentro. Questa diavoleria sembra proprio essere come un trasferimento inconscio, cioè inconsapevole e non intenzionale, di elementi psichici soggettivi su una persona o oggetto esterno. L’individuo vede in questo oggetto qualcosa che non c’è, o potrebbe esserci solo in piccola parte. Talvolta nell’oggetto non è presente nulla di ciò che viene proiettato. Non sono soltanto le qualità negative di una persona a essere proiettate all’esterno in questo modo, ma in uguale misura anche quelle positive. La proiezione di queste ultime genera una valutazione e ammirazione eccessive, illusorie e inadeguate dell’oggetto. L’introspezione nelle proprie proiezioni d’ombra implica in primo luogo una umiltà morale e una intensa sofferenza. Invece l’introspezione nelle forme di proiezione dell’Animus e dell’Anima richiede (come direbbe G. Jung) più che umiltà, soprattutto riflessione, nel senso di saggezza e umanità. Infatti quelle figure normalmente intendono sedurci e allontanarci dalla realtà, assorbendoci e conquistandoci. Chi non si impegna in questo, potrebbe non aver vissuto. Oppure aver vissuto in un ambiente cotonato e “protetto”. La proiezione è un fenomeno affascinante che a scuola difficilmente ci viene insegnato. “E’ un trasferimento involontario del nostro comportamento inconscio sugli altri”, in modo da farci credere che queste qualità in realtà appartengano ad altre persone. Quando siamo ansiosi riguardo alle nostre emozioni o ai lati inaccettabili della nostra personalità, per un meccanismo di difesa attribuiamo queste qualità agli oggetti esterni e agli altri. Se per esempio abbiamo scarsa tolleranza nei confronti degli altri, probabilmente è perché tendiamo ad attribuire loro il nostro stesso senso di inferiorità. Chi vi si perde rischia di non comprendere nulla. Qualcuno, non ricordo chi, disse che ciò con cui non si riesce ad essere non ci lascerà essere. Bisognerebbe imparare a consentire di esistere a tutto ciò che si è : se si vuole essere “veramente liberi”, bisogna essere capaci di esserlo. Se si prova a indicare qualcuno tenendo la mano dritta davanti a noi stessi, ci accorgiamo (così si spera) che un dito è puntato verso l’altra persona ma tre sono rivolte verso di noi: questo dovrebbe ricordarci che quando insultiamo, offendiamo gli altri in realtà stiamo solo negando un aspetto di noi stessi. L’atto di giudicare qualcun altro è arrogante, perciò ovviamente noi tutti siamo capaci di arroganza. Se abbraccio la mia stessa arroganza, quella altrui non mi potrà turbare: potrò notarla, ma non avrà alcun effetto su di me. La letteratura, come sempre, offre una espressione meno patologica anche se altrettanto efficace. Si tratta di una favola di Esopo che narra di una volpe cui una tagliola mozzò la coda. La bestiola si vergognava, così deturpata nella sua eleganza, e gli altri animali, suoi amici, decisero di farle una coda di paglia. La coda era così bella che, chi non sapeva della disgrazia, non avrebbe mai potuto sospettare fosse finta. Ma un giorno un gallo si lasciò scappare il segreto e la notizia della volpe con la coda di paglia arrivò fino all’orecchio dei contadini. Conoscendo il punto debole della volpe, questi accesero dei fuochi vicino ai pollai, perché non potesse più rubare i loro polli. La volpe sapeva che la paglia prende fuoco facilmente, e per paura di bruciarsi non si avvicinò più ai pollai. Da qui “avere la coda di paglia”, che significa temere ogni tipo di critica per un comportamento, o un difetto, su cui si teme che gli altri possano infierire. Come dice un proverbio toscano: “Chi ha la coda di paglia ha sempre paura che gli pigli fuoco”. Di conseguenza, è sempre sospettoso per timore di essere scoperto; la versione tradizionale (e un po’ in disuso) del più recente e “mediatico” avere uno scheletro nell’armadio.

    Unless we learn to face our own shadows we will continue to see them in others, because the world outside ours is only a reflection of the world inside ours.

    Gigino A Pellegrini & G el Tarik

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