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    RAMINGHI – MAROONED

    raminghimarooned

    Sarebbe interessante analizzare quanto lontana ci risulti una disgrazia quando non ci riguarda personalmente. Eppure si invocano blocchi navali, attacchi aerei mirati e rispedire i profughi nei campi di battaglia da dove provengono. Chi invoca le reazioni peggiori, tra cui molti politici che sono stati al potere in questi anni, le ha già provate tutte dai respingimenti in mare ai divieti per i pescatori di salvare i profughi. Ma non capiscono che neanche la pena di morte sarebbe un deterrente sufficiente? L’accoglienza non è un atto di bontà ma ha un tornaconto economico. Lo scrittore americano, John Steinbeck, scriveva “Nell’anima degli affamati i semi del furore sono diventati acini, e gli acini grappoli ormai pronti per la vendemmia.” Ciò che appare certo è che flussi migratori di persone che cercano disperatamente di sfuggire alla morte e alla fame, non possono essere regolati. I migranti possono essere un’energia potentissima per il paese le persone a fare i viaggi ma i viaggi a fare le persone. Chi ha la casa in fiamme accetta di buttarsi nel vuoto. È come se si buttassero dalle finestre in mare. Uno dei superstiti ha dichiarato che quando è arrivato sul bordo del mare e ha visto il relitto che lo avrebbe trasportato non ha avuto altra scelta che montare a bordo. Questo è un fenomeno rispetto al quale nessun ostacolo sarebbe sufficiente. Per lo stomaco vuoto non esiste né obbedienza né timore. Bisogna arrendersi all’evidenza che i flussi migratori non sono regolabili. E’ inutile e fuorviante mettere cinture di castità all’Europa. Non ci sono riusciti gli Stati uniti con il Messico nonostante si trattasse di un confine di terra più controllabile del nostro. Il risultato è che la comunità anglosassone non rappresenta più la maggioranza negli Stati uniti. E questo non ha fatto che bene agli Usa che prosperano. ultimamente il presidente Obama ha regolarizzato la posizione di milioni di migranti. Negli ultimi secoli il mondo è diventato più Sud che Nord. I sostenitori degli annegamenti possono solo arrendersi all’evidenza che oggi sul Mediterraneo arrivano degli esseri umani che hanno guai troppo grossi per avere paura di un respingimento o di un naufragio. Erri De Luca ha dedicato loro una preghiera: “Mare nostro che non sei nei cieli/e abbracci i confini dell’isola e del mondo,/Sia benedetto il tuo sale,/sia benedetto il tuo fondale./Accogli le gremite imbarcazioni/senza una strada sopra le tue onde,/i pescatori usciti nella notte,/le loro reti tra le tue creature,/che tornano al mattino con la pesca/dei naufraghi salvati……” Un grido contro la omertà della grande storia e dei governi occidentali nei confronti delle individuali ed umili vicende dei profughi. Si continua a proporre,da parte di molti “esperti” di bombardare gli scafisti,di utilizzare gli 007,di avere l’aiuto della UE,di blocchi navali,mentre altri sostengono che ogni entrata” armata” nelle acque territoriali libiche è come una dichiarazione di guerra,che perciò siamo in una impasse dal momento che ci sono due governi libici,eccetera,ecccetera…Parole,parole ottuse, parole di circostanza, che in Italia emergono ad ogni tragedia ,ma che meno male scompaiono di fronte ai versi di De Luca. Parole dedicate a donne, bambini e giovani dei paesi sub sahariani del Niger, Mali, dal Sudan, dall’Eritrea e dalla Somalia. Il Mare di Ulisse è il grande lago dei popoli in fuga. Il calvario infinito di gente che cerca di evitare la morte e la fame dalla polvere del deserto e dall’isterilimento della terra. Dal rombo dei caccia e dal crepitio delle mitragliatrici. Ed ecco che in Italia subentra il panico, ora che i profughi vanno moltiplicandosi per le strade. “I ricchi sono terrorizzati dalla loro miseria. Individui che non avevano mai provato la fame, ora vedono gli occhi degli affamati. Individui che non avevano mai provato desideri intensi per qualche cosa, vedono ora l’ardente brama che divampa negli occhi dei profughi. Ed ecco gli abitanti delle città e della pigra campagna suburbana organizzarsi a difesa, dinanzi all’imperioso bisogno di rassicurare se stessi di essere loro i buoni e i cattivi gli invasori, come è buona regola che l’uomo pensi e faccia prima della lotta”. (Furore). In Italia, dimenticando che siamo un popolo di emigranti, ciò che emerge senza ombra di dubbio è che i giornali usano un linguaggio ancora poco corretto, alimentando pregiudizi difficili da sconfiggere. Su questo si basa un diffuso senso di paura dello straniero tra gli italiani e un’enorme sovrastima delle presenza degli immigrati – soprattutto irregolari – sul territorio. Tra le spiegazioni possibili legate a questo fenomeno c’è la scelta lessicale con cui si accompagna il fenomeno migratorio: si parla di “tsunami”, “ondate”. Termini che lasciano intendere un’invasione che non c’è. Rendere gli stranieri parte attiva del processo mediatico può aiutare a fare un passo in più verso la piena integrazione. Ma ci sono processi molto più lunghi, di maturazione collettiva, per cui è solo necessario tempo: Non c’è ancora grande indignazione per certe notizia tragiche, come il video shock che ritrae i migranti nudi nel centro di Lampedusa. Siamo ancora all’inizio di un percorso: c’è un’evoluzione ma al momento è ancora difficile vederne gli effetti. Insomma, è di fronte a questa umanità che preme e soffre alle porte dell’Europa, bisogna denunciare le vergognose conseguenze dell’inazione degli Stati membri dell’Unione Europea, che stanno ignorando le proprie responsabilità umanitarie. Tutto è ancora gestito in emergenza e non si vede all’orizzonte neanche un accenno di cambiamento verso un approccio razionale e concordato del fenomeno. “Le strade pullulavano di gente assetata di lavoro, pronta a tutto per il lavoro……. I campi erano fecondi, e i contadini vagavano affamati sulle strade. I granai erano pieni, e i figli dei poveri crescevano rachitici, con il corpo cosparso di pustole di pellagra. Le grosse imprese non capivano che il confine tra fame e rabbia è un confine sottile. E i soldi che potevano servire per le paghe servivano per fucili e gas, per spie e liste nere, per addestrare e reprimere. Sulle grandi arterie gli uomini sciamavano come formiche, in cerca di lavoro, in cerca di cibo. E la rabbia cominciò a fermentare.” Dal romanzo “Grapes of Wrath (Furore) di John Steinbeck.

    Gigino A Pellegrini & G el Tarik

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